martedì 26 gennaio 2021

Una recensione ad incastro per il breve romanzo "Siro", di Francesco Vidotto

Questa è soprattutto una storia d’amore molto sofferta e con esito imprevedibile, ricavata da un paio di diari scritti da un pastore del Cadore che, pur non avendo frequentato la scuola, aveva imparato a leggere pascolando il gregge sui pascoli alpini.

Ha come sfondo un palcoscenico rappresentato dagli usi e dai costumi di vita di un paese di montagna, tipici della prima metà del Novecento, in parte descritti e in parte resi intuitivamente comprensibili attraverso la narrazione delle vicende.

E’ un ambiente sociale chiuso che ha determinato e condizionato gli eventi, intrecciandosi ad essi.

“Ho imparato a pascolare le greggi ancor prima di dire mamma. Mio padre, il Nane, ha voluto così e io e i miei fratelli abbiamo seguito la sua volontà.” PAG. 15

“Stavo andando ad incontrare alcuni amici in osteria per bere un bicchiere di vin santo della domenica. Il viso della figlia del dottore non riuscivo proprio a cancellarmelo dalla testa.” PAG.38

“Una cosa non volevo con tutte le mie forze: non volevo essere un padre come io l’avevo avuto. Allora l’abbracciai. – Perché piangi. E’ una meraviglia. Un figlio mio e tuo...” PAG. 65

“ Il dottore si voltò nuovamente verso di me. – La gente non saprà un bel niente – disse – e se tu osi parlare con qualcuno di questa faccenda io ammazzo mia figlia e ti garantisco che lo faccio.” PAG. 70

“Io e mio fratello salimmo sui pratoni dell’Antelao e così riprese la mia vita senza particolari scosse. La mattina ci svegliavamo e ammiravamo le pareti rosa delle Marmarole pervase di luce brillante.” PAG. 98

“Nostra madre venne seppellita alla maniera dei poveri. Lucio Dal Col, detto “ marangon” per la sua capacità di menare l’ascia come fosse un arnese di precisione costruì una cassa di assi d’abete e Leone ci regalò un paio di scarpe nuove per lei. Fu Gino a deporre la mamma nel legno e chiudere il coperchio.”

“La guerra finì a primavera inoltrata, a Maggio, con il brulicare della vita. Le nevi si sciolsero e la natura esplose. I nostri paesi di montagna erano intontiti. Camminare tra le case era come passare attraverso le tane delle volpi. Le persone uscivano timidamente, diffidenti, con attenzione. Le donne attendevano che gli uomini ritornassero a casa.” PAG.131

Date, giorni, anni tutti racchiusi in un’agenda che testimonia la fatica del vivere e di accettare un mondo che, imponendo le sue leggi, condiziona e costringe a rassegnarsi e ad accettare.

Laura Collet


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