Molti lettori, anche forti, non vogliono
sentire parlare di fantascienza. Il loro rifiuto è solitamente legato a una
visione della fantascienza come genere che tratta vicende non realistiche, inverosimili,
ultraterrene e lontane anni luce dalle questioni dell’animo umano.
Ecco, se queste persone provassero a
leggere i racconti di Ted Chiang, uno dei più celebrati autori di fantascienza
viventi, potrebbero forse rivedere il loro giudizio su questo genere
letterario. Le storie di Chiang vengono classificate come “fantascienza”, ma non
è facile trovare un autore così “umanista”, così “terreno”, così interessato al
risvolto psicologico, all’indagine filosofica sulle grandi questioni poste
dall’uomo fin dall’antichità.
Insomma, potremmo pensare che definire
Chiang "autore di fantascienza" sia riduttivo, perché la sua
riflessione è molto più universale di quanto la fantascienza non sappia essere
abitualmente.
Non c’è dubbio che gli spunti dai quali
Chiang parte nella stesura di un racconto abbiano un sapore fantascientico: ma Chiang
li sviluppa sempre, con meravigliosa maestria, in modo da toccare rilevanti
implicazioni intellettuali.
Forse il problema sta nell’errata
concezione della fantascienza come genere che deve accontentarsi di parlare di
imperi galattici, astronavi e robot sanguinari, senza elevarsi al rango di
letteratura universale. In realtà la science
fiction può essere molto di più: Chiang lo dimostra, e considerarlo come un
vero "autore di fantascienza" non deve suonare come un giudizio
riduttivo.
A distanza di poche settimane ho letto Storie della tua vita (Stampa
Alternativa, 2008; Sperling & Kupfer, 2018) e Respiro (Sperling & Kupfer, 2019), le due raccolte di racconti
che, per adesso, esauriscono l'intera produzione di Ted Chiang. Proprio così,
perché Chiang, nato vicino a New York nel 1967 da genitori cinesi emigrati
negli Stati Uniti, scrive da ormai più di trent’anni, ma in così tanto tempo ha
pubblicato “soltanto” 17 racconti.
Sì, racconti, non romanzi. Solo una
delle 17 storie di Chiang, “Il ciclo di vita degli oggetti software”, pubblicata nel 2011, può essere
considerata un “romanzo breve” (è lunga circa 100 pagine), mentre le altre sono
racconti a tutti gli effetti, a volte anche molto brevi.
Un autore per nulla prolifico, quindi:
ma, forse anche per questo motivo la qualità della sua scrittura è altissima.
Lo testimonia la lunga lista di premi che ha vinto: solo per citare i più
prestigiosi, quattro premi Hugo, quattro Nebula, quattro Locus e un John
Campbell.
Un aneddoto è utile per comprendere il
perfezionismo (e l’umiltà) che caratterizza l’arte di Chiang: il racconto “Il
piacere di ciò che vedi: un documentario” ricevette nel 2003 una nomination per
il premio Hugo, ma l’autore la rifiutò, affermando di non meritarla davvero in
quanto aveva scritto la storia di fretta e il risultato non era conforme alle
sue aspettative.
La lettura di queste storie mi ha
coinvolto profondamente. Ve lo giuro, non mi capitava da anni. Ogni racconto,
anche se breve, è un piccolo universo, una macchina perfetta che spiazza e
affascina il lettore.
Sono molto interessanti le note con le
quali spiega la genesi dei suoi racconti: aiutano a capire molto di lui e del
suo modo di ragionare e scrivere. Tipicamente Chiang parte da un presupposto,
quasi sempre sconcertante, e lo utilizza per una riflessione penetrante
all’interno della psiche umana.
Per citare un paio di esempi, in
“Capire” immagina che sia possibile espandere l’intelligenza umana mediante la
somministrazione di un farmaco, ma il racconto diventa un’indagine strabiliante
su cosa sia veramente la nostra intelligenza; “Storia della tua vita”, da cui è
stato tratto il film Arrival del
2016, è il resoconto di un contatto tra gli uomini e una civiltà aliena, ma si
sviluppa in modo totalmente diverso dalle solite storie con gli extraterrestri,
sondando in profondità temi molto diversi come il libero arbitrio, la
comunicazione, lo scorrere del tempo, il rapporto genitore-figlio.
Spesso Chiang prende due spunti,
apparentemente lontanissimi l'uno dall'altro, scopre insospettate relazioni tra
di loro e vi basa una storia. In "Settantadue lettere", per esempio,
i due semi iniziali sono l’idea del golem e quella della teoria della
preformazione. In “La verità dei fatti, la verità dei sentimenti" i
concetti di partenza sono una tecnologia futuribile che permette di conservare
una registrazione video dell’intera nostra vita, e l’impatto della
comunicazione scritta su una civiltà caratterizzata da una cultura orale.
Uno dei racconti più straordinari è
“Respiro”, che dà il titolo alla seconda raccolta: uno scienziato, appartenente
a una specie di esseri meccanici alimentati da aria, compie un’incredibile
esplorazione sul suo stesso cervello, e arriva a comprendere il funzionamento
non soltanto del suo corpo ma dell’intero universo al quale appartiene.
In molti dei suoi racconti Chiang mette
in discussione un altro stereotipo della science
fiction: l’idea secondo la quale le storie di questo genere devono essere
ambientate nel futuro. Chiang stravolge questa idea ricorrendo a sorprendenti ambientazioni
“storiche”: l’antica Mesopotamia in “Torre di Babilonia”, un Medio Oriente da Mille e una notte in “Il mercante e il
portale dell’alchimista” e un’Inghilterra alternativa vagamente steampunk in “Settantadue lettere”.
Vi sono alcuni temi universali sui quali
Chiang insiste spesso. Uno di questi è l’indagine su che cosa renda umano un
essere umano: tema che lo avvicina a Philip K. Dick e che caratterizza racconti
come “Capire”, “Storia della tua vita”, “Il ciclo di vita degli oggetti
software”. Il concetto più ricorrente è però la questione del libero arbitrio,
che, a ben vedere, è centrale in quasi tutte le sue storie. In due di queste,
il breve “Cosa ci si aspetta da noi” e “L’angoscia è la vertigine della
libertà”, questo tema è sviluppato con stupefacente genialità.
Più volte mi sono fermato a metà di un
racconto per pensare. Ecco, Chiang è un autore che fa pensare. Molto.
Forse non ricorderete a lungo i suoi
personaggi, ma vi resteranno impresse nella mente le idee che Chiang sottopone
al suo vaglio.
Insomma, anche se la fantascienza non è
il vostro genere preferito, leggete lo stesso Chiang: l’intelligenza e
l’umanità delle sue storie potrebbe affascinarvi profondamente. E per sempre.
Paolo Alessandrini (Gruppo di lettura condivisa "L'Isola dei lettori")