Una sfilza di generazioni, come una lunga fila di punti su un tessuto, un succedersi di avvenimenti lieti e tristi simili al lento dipanarsi di un filo dalla spola.
Piano piano i ricami prendono forma, si dispiegano in tutta la loro complessità come la vita di ognuna delle ricamatrici.
“Silenzio e voci. Fare spazio dentro e farci entrare la luce, il vento, le nuvole.
Farci entrare la vita che è fatta di gesti che si rincorrono e si perdono.
Che si rinnovano e che tornano in uno sguardo, un volto, un suono.” PAG. 16
“Così prese a nutrire la figlia, come si nutre un fiore rinsecchito.
Dare acqua a poco a poco.
Dare mele e mandorle e noci.
E pane e focacce.
E latte e semolino. E polpette di carne e vino rosso.
E mele caramellate.
E ogni bendidio di cui erano capaci le sue mani.” PAG.49
“Ci si aggrappa alla notte per non cadere giù, nel buio
che invischia di nero.
Nel nero che diventa oscurità ci si aggrappa
all’orlo del precipizio.
E si chiudono gli occhi.
Allora i sogni si accendono,
fanno luce nel buio in cui siamo immersi
e scorrono nel tempo segnato dalla luna,
che diventa nebbia, bruma, alba che
schiarisce la sera.” PAG. 91
“Ci vogliono carezze dove altri affondano la lama.
Ci vogliono lacrime a lavare ogni grumo salato.
Ci vogliono parole piane e lievi
a togliere il rumore del cuore
che sbatte nelle tempie” PAG. 119
“E da allora ricamo, ricamo, ricamo finché non mi
tremano le dita
e devo smettere un po’.
Giusto per alzarmi, avvicinarmi alla finestra
e guardare le nuvole
che nessuno riuscirà mai
a intrecciare in un arazzo di seta pregiata.
Sospiro, nel tentativo di ricordare i giorni,
ripensare a me,
a chi mi è stato accanto.” PAG.159
Così anche le riflessioni che , pagina dopo pagina,
continuamente infiorano il testo
vanno a concludersi, come ogni ricamo.
E con esse si concludono anche un’epoca e un’arte
che pare priva di avvenire, pur nella speranza che qualcuno
possa riprenderne in mano il filo.
Laura Collet
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