venerdì 26 febbraio 2021

"Bianco è il colore del danno": una storia potente

Un paio di venerdì fa, avvolta dalle nebbie della stanchezza, avevo già un piede sul gradino delle scale che portano alle camere. La TV blaterava. Mi ha trattenuta, e risvegliata, una storia potente. 

Una giornalista, mia coetanea (quasi), presentava il suo ultimo libro, dal titolo originale e attraente.
Da giovanissima avrei voluto fare il medico, ed ero anche un'ipocondriaca curiosa:  prima ancora che l'autrice dicesse di che malattia soffre (e di cui parla la sua autobiografia), avevo intuito.
 
Sono stata in libreria pochi giorni dopo, e il libro era esposto tra le novità. Ho capito che dovevo comprarlo.
 
Francesca Mannocchi ha tutta la mia stima: raramente ho letto pagine così vere, così dolorose e oneste. Dà voce ai malati, perché lo è lei stessa, e senza pudore racconta i pensieri di chi vive quella condizione.
Tutto questo si intreccia con la maternità, che già da sola, senza altri eventi concomitanti, cambia la vita di una donna, la trasforma, dividendola in un "prima" e in un "dopo".
Scava infine nella storia familiare, nelle mancanze e nelle buone eredità.
Francesca ha una grande capacità di analisi e di introspezione, e come tutti quelli che sono fatti come lei, soffre molto.
 
Non è un libro per tutti: è faticoso. 
 
Eppure io cercavo da tempo qualcosa che parlasse della morte e della vita e del senso del tempo che passa: l'ho trovato. Forse al momento giusto per me, che un anno fa non avrei capito e oggi sì, anche grazie agli eventi che hanno fatto sentire tutti vulnerabili, una condizione che chi non sta bene vive quotidianamente. 
La nonna di Francesca le diceva "Attenta a te", e forse proprio questo dovremmo fare: prenderci cura di noi stessi, ma senza dimenticarci mai degli altri.
 
Donata Caselli, bibliotecaria

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