Una giornalista, mia coetanea (quasi), presentava il suo ultimo libro, dal titolo originale e attraente.
Da
giovanissima avrei voluto fare il medico, ed ero anche un'ipocondriaca
curiosa: prima ancora che l'autrice dicesse di che malattia soffre (e
di cui parla la sua autobiografia), avevo intuito.
Sono stata in libreria pochi giorni dopo, e il libro era esposto tra le novità. Ho capito che dovevo comprarlo.
Francesca
Mannocchi ha tutta la mia stima: raramente ho letto pagine così vere,
così dolorose e oneste. Dà voce ai malati, perché lo è lei stessa, e
senza pudore racconta i pensieri di chi vive quella condizione.
Tutto
questo si intreccia con la maternità, che già da sola, senza altri
eventi concomitanti, cambia la vita di una donna, la trasforma,
dividendola in un "prima" e in un "dopo".
Scava infine nella storia familiare, nelle mancanze e nelle buone eredità.
Francesca ha una grande capacità di analisi e di introspezione, e come tutti quelli che sono fatti come lei, soffre molto.
Non è un libro per tutti: è faticoso.
Eppure
io cercavo da tempo qualcosa che parlasse della morte e della vita e
del senso del tempo che passa: l'ho trovato. Forse al momento giusto per
me, che un anno fa non avrei capito e oggi
sì, anche grazie agli eventi che hanno fatto sentire tutti vulnerabili,
una condizione che chi non sta bene vive quotidianamente.
La
nonna di Francesca le diceva "Attenta a te", e forse proprio questo
dovremmo fare: prenderci cura di noi stessi, ma senza dimenticarci mai
degli altri.
Donata Caselli, bibliotecaria
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